Conflitto della zona demilitarizzata coreana parte della Guerra fredda | |||
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Reticolati e posti di guardia degli alleati lungo il lato meridionale della ZDC nell'agosto 1968 | |||
Data | 5 ottobre 1966 - 3 dicembre 1969 | ||
Luogo | Zona demilitarizzata coreana | ||
Esito | Fallimento degli attacchi nordcoreani Ritorno allo status quo ante bellum | ||
Schieramenti | |||
Comandanti | |||
Perdite | |||
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Il conflitto della zona demilitarizzata coreana, talvolta indicato anche come seconda guerra di Corea[1][2], fu un conflitto a bassa intensità che interessò la regione della zona demilitarizzata coreana (ZDC) tra l'ottobre 1966 e il dicembre 1969, nel pieno del periodo della guerra fredda.
Il conflitto nacque dal tentativo del governo della Corea del Nord di sfruttare a proprio vantaggio il coinvolgimento degli Stati Uniti d'America nella contemporanea guerra del Vietnam: con le forze armate statunitensi impegnate in un grande conflitto in Asia, i nordcoreani puntarono a mettere sotto pressione la tenuta dell'alleanza tra Stati Uniti e Corea del Sud fino a portare a una sua rottura. Per fare ciò, invece che impegnarsi in un'invasione convenzionale che si presentava come troppo rischiosa per la disparità delle forze in campo, i nordcoreani mirarono a causare vittime e perdite alle forze statunitensi schierate a presidio della zona demilitarizzata, l'area di demarcazione tra le due Coree lascito della precedente guerra, tramite imboscate e attacchi terroristici da parte di piccoli gruppi di incursori delle forze speciali; il tasso di perdite avrebbe infine convinto gli statunitensi a rinunciare al loro impegno in Corea perché ormai troppo gravoso. Sfruttando il malcontento generato dall'insediamento a Seul del dittatoriale regime del generale Park Chung-hee, i nordcoreani puntavano anche a organizzare un movimento guerrigliero anti-governativo in Corea del Sud, che avrebbe portato al rovesciamento dell'esecutivo e alla sua sostituzione con uno più favorevole a Pyongyang.
La campagna di attacchi non convenzionali della Corea del Nord portò a una pronta risposta del Comando delle Nazioni Unite in Corea: le forze statunitensi e sudcoreane elaborarono nuove dottrine tattiche e nuovi apprestamenti per fronteggiare la guerriglia nordcoreana, rafforzando il presidio della zona demilitarizzata, creando e addestrando nuove unità di controguerriglia e varando azioni di sostegno alla popolazione civile e di controllo del territorio per eliminare alla radice qualunque appoggio i nordcoreani potessero raccogliere nelle zone rurali. I nordcoreani misero a segno alcune azioni eclatanti, come un fallito attacco nel gennaio 1968 alla residenza personale del presidente sudcoreano e il sequestro della nave-spia statunitense USS Pueblo, ma la loro campagna di attacchi non approdò a niente e dovette essere abbandonata nel dicembre 1969 a causa delle troppe perdite subite.